Risarcimento di € 816.498,62 – morte per errore medico – errata diagnosi – inadeguata e tardiva gestione dell’aneurisma.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 27/2/2024 n. 2340 – Responsabilità dei medici di Pronto Soccorso per aver scambiato la rottura di un aneurisma con una banale influenza ed aver provocato la morte del paziente.
Il paziente subiva la rottura “franca” dell’aneurisma dell’aorta addominale ma, recatosi in Pronto Soccorso, veniva sottoposto ad accertamenti i quali evidenziavano solo una discreta distensione gassosa di alcune anse del piccolo intestino centro-addominali, senza evidenti livelli idro-aerei né aria libera sottodiaframmatica.
I sanitari in servizio, pertanto, ottenuti gli esiti delle analisi, riferivano che il paziente avesse solo una banale influenza per la quale non vi era necessità di terapie né di ricovero, con consiglio di mangiare una banana per integrare il potassio, i cui valori erano risultati bassi.
Il paziente, pertanto, veniva sbrigativamente dimesso con una diagnosi di stipsi, febbre ed ECG negativo.
Successivamente, però, le condizioni cliniche del paziente peggioravano drasticamente.
La rottura “franca” dell’aneurisma dell’aorta addominale, oramai in atto da due giorni – e colpevolmente misconosciuta dai medici del Pronto Soccorso – costringeva il paziente a recarsi nuovamente presso la struttura sanitaria (questa volta in ambulanza), ove veniva ricoverato con diagnosi di Colica Addominale.
In tale occasione, il paziente presentava una grave condizione di shock, con colorito pallido, sudore, dolori addominali, addome gonfio, pressione di 70/40, frequenza cardiaca di 130 battiti al minuto ed in preda ad uno stato di agitazione psico-motoria.
I sanitari in servizio, dopo vani tentativi di reidratare l’organismo del paziente, disponevano eseguirsi un’ecografia all’addome ed un successivo intervento chirurgico di Laparotomia Esplorativa che evidenziava un’importante quantità ematica libera in addome, in parte coagulata (non recente) ed altra liquida, che originava da un Ematoma Retroperitoneale.
Il paziente, purtroppo, dopo l’intervento chirurgico decedeva a causa di una forte emorragia interna.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi delle figlie del paziente;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce alle due figlie superstiti:
► il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale;
► il danno da lucro cessante per i perduti contributi da parte del padre;
► il danno emergente per le spese dell’attività stragiudiziale svolta prima della causa;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento di tutti i danni subiti.
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Risarcimento di € 446.817,55 – morte per errore medico – parto gemellare – lesioni mortali al figlio neonato.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Firenze 3/1/2024 n. 12 – responsabilità del ginecologo per l’errata gestione del parto.
La partoriente veniva ricoverata presso il Dipartimento Materno-Infantile – SOD Complessa di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria con diagnosi di “gravidanza gemellare”.
Ivi, la gestante dava alla luce due gemelli di sesso opposto, il primo a seguito di parto naturale e la seconda a seguito di un intervento di taglio cesareo in emergenza.
La piccola neonata, nata per seconda, nasceva con una grave sofferenza da asfissia perinatale cagionata dall’errata conduzione del parto, che determinava fin dalla nascita un’encefalopatia ipossica ischemica poi evoluta in grave paralisi cerebrale irreversibile, con conseguente immediata stabilizzazione delle menomazioni nella misura massima del 99% di I.P, sino al suo decesso.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo e degli ostetrici presenti al parto per non aver correttamente gestito il parto e per non aver mai informato la partoriente dell’effettiva natura, portata e gravità del trattamento sanitario nonché degli eventuali rischi e/o complicanze e/o delle possibili alternative chirurgiche (parto cesareo fin dall’inizio), di talchè tali omissioni hanno leso il suo diritto di autodeterminarsi liberamente in vista della disposizione della propria salute e di quella di entrambi i feti.
È emerso, inoltre, che l’operatore e l’équipe medica, nel corso del trattamento sanitario:
– non optavano per l’intervento chirurgico di parto cesareo fin dall’inizio per entrambi i gemelli;
– non optavano quantomeno per l’intervento chirurgico di parto cesareo subito dopo la nascita del primo feto (in considerazione sia della diminuzione di scambio uteroplacentare di cui risentiva il secondo feto, sia della posizione obliqua-posteriore assunta da quest’ultimo, che non consentiva un parto vaginale);
– non monitoravano continuamente il secondo feto;
– non eseguivano un esame flussimetrico Doppler (che avrebbe potuto valutare la circolazione fetale ed il funzionamento della placenta);
– non erano in grado di prevenire ed evitare la sofferenza fetale acuta in atto;
– non erano in grado, per un maldestro errore diagnostico, di riconoscere e diagnosticare tempestivamente la sofferenza fetale acuta in atto;
– non si accorgevano, quindi, della sofferenza fetale acuta che si era determinata in capo al secondo feto;
– sottoponevano la gestante, con inescusabile ritardo, ad un tardivo intervento chirurgico di taglio cesareo allorché la grave sofferenza fetale acuta era già in atto ed aveva cagionato danni irreversibili al secondo feto.
È emerso, altresì, che l’operatore e l’équipe medica e chirurgica, inserivano in cartella clinica accertamenti e diagnosi mai effettuate sul secondo feto, manomettendo e falsificando la cartella clinica con l’inserimento di un tracciato relativo ad altro soggetto con cui avevano scambiato i battiti (seppur annotavano colposamente in cartella clinica che il tracciato CTG fosse attribuibile al secondo feto).
Il Tribunale:
– accoglie le tesi della madre danneggiata;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno parentale ed il danno all’autodeterminazione terapeutica della madre, nonché il danno terminale-tanatologico subito dalla neonata in vita (e, cioè, nel corso del breve periodo di sopravvivenza);
– liquida al genitore superstite, sulla scorta delle vigenti tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano:
► il danno biologico terminale patìto dalla neonata de cuius durante il periodo di sopravvivenza;
► il danno non patrimoniale per la perdita del congiunto;
► il danno da lesione dell’autodeterminazione della madre-partoriente, personalizzandolo al massimo ed andando ben oltre le previsioni tabellari (liquidazione extra tabellare);
► il danno emergente passato per le spese funeratizie sostenute.
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Risarcimento di € 1.159.550,40 – morte per errore medico – mancata prevenzione della recidiva di ischemia.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
Trib. Napoli 22/11/2023 n. 8047: responsabilità per omessa prevenzione della recidiva di attacco ischemico transitorio (TIA) e decesso del paziente.
Il paziente subiva un attacco ischemico transitorio (TIA) che lo aveva portato a manifestare cefalea, stato confusionale e blocco della parola; lo stesso giorno, pertanto, il paziente si ricoverava presso la struttura sanitaria con diagnosi di accettazione di “cefalea nucale, profusa sudorazione”.
Il paziente, nel corso del ricovero, lamentava altresì disturbi neurologici (afasia) e disfagia, per i quali veniva sottoposto ad esame TAC cranio che non evidenziava alterazioni.
Il paziente, soltanto nel tardo pomeriggio, veniva sottoposto ad ecocardiogramma transtoracico e transesofageo che evidenziava un versamento pericardico per il quale si rendeva necessario un immediato intervento chirurgico di pericardiocentesi.
Tuttavia, successivamente, altri medici in servizio presso l’ospedale ritenevano che l’intervento chirurgico di pericardiocentesi non fosse né necessario né utile, limitandosi dunque a somministrare al paziente un trattamento farmacologico.
Nel corso dell’intera notte le condizioni cliniche del paziente peggioravano sempre più.
Veniva, pertanto, allertato il personale medico in servizio che, però, si limitava a mantenere sostanzialmente invariata la terapia farmacologica in somministrazione.
Lo sventurato paziente, dopo poche ore, subiva una recidiva di attacco ischemico transitorio (TIA) e, successivamente, decedeva per arresto cardio-respiratorio.
Il personale medico in servizio, infatti, nel corso del trattamento sanitario, del tutto erroneamente ed inescusabilmente:
– errava la diagnosi iniziale, focalizzando l’attenzione diagnostico-terapeutica sulla pericardite e trascurando completamente l’attacco ischemico transitorio (TIA) subito dal de cuius poche ore prima del ricovero;
– errava nella somministrazione delle cure farmacologiche, non attuando le doverose terapie preventive al fine di scongiurare una temibile e grave recidiva di attacco ischemico;
– non somministrava al paziente – come invece prescrivevano le linee guida ed i protocolli di riferimento – antiaggreganti piastrinici ed anticoagulanti, il che avrebbe consentito di prevenire ed impedire il catastrofico finale evento ischemico cerebrale;
– redigeva la cartella clinica solo a posteriori, non contestualmente ai trattamenti sanitari ed, in ogni caso, in maniera incompleta ed infedele.
Il Tribunale:
– accoglie le tesi dei figli del paziente defunto;
– rigetta le tesi della struttura sanitaria;
– riconosce il danno da perdita del rapporto parentale subìto dai figli superstiti;
– condanna la struttura sanitaria al risarcimento di tutti i danni subiti.
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Risarcimento di € 2.075.081,42 – distocia di spalla del neonato – paralisi brachiale dell’arto superiore – danno biologico del 50%.
A cura dell’Avv. Vincenzo Liguori
App. NA 14/11/2023 n. 4849: responsabilità del ginecologo per l’errata estrazione del feto.
La partoriente veniva ricoverata presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia della struttura sanitaria e, dopo essere stata trasferita in sala parto, partoriva un feto del peso di 4.450 g.
Nella cartella clinica, il meccanismo del periodo espulsivo veniva definito come fisiologico e non veniva riportata alcuna anomalia né alcuna particolare pratica eseguita al momento del parto.
Alla nascita la neonata presentava però condizioni scadenti, con colorito pallido e cianosi al volto.
Pertanto, ne veniva disposto il ricovero presso il reparto di Neonatologia al fine di sottoporla a terapia in culla termica.
A seguito del ricovero, i medici formulavano la diagnosi di “macrosoma e paralisi ostetrica”, da cui era derivata, alla neonata, paralisi dell’arto superiore destro.
Nel corso del giudizio è emersa la responsabilità del ginecologo presente al parto per non aver correttamente gestito la distocia della spalla presentata dalla neonata ed, inoltre, per non aver applicato gli specifici protocolli che indicano le operazioni e manovre da disporre in tale evenienza.
La Corte di Appello:
– Rigetta le tesi degli appellanti (medico, struttura sanitaria e loro imprese di assicurazione);
– Accoglie le tesi dei genitori della piccola danneggiata;
– Raddoppia la liquidazione risarcitoria riconosciuta in primo grado;
– Liquida ai genitori della danneggiata i danni non patrimoniali per le lesioni e menomazioni subite dalla figlia;
– Liquida alla piccola danneggiata:
► il danno alla salute (comprensivo del danno biologico e del danno morale) con massima personalizzazione;
► il danno alla capacità lavorativa;
► il danno patrimoniale futuro per le spese di cura che dovrà sostenere per il resto della vita;
► il danno patrimoniale, passato e futuro, per le spese di assistenza domiciliare che dovrà sostenere a vita.
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